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Pro soluto e pro solvendo: cosa sono e perché ne sentiamo parlare

02/10/2018

pro soluto e pro solvendo

Pro soluto e pro solvendo: ne avete già sentito parlare?

Il nome, a meno di non conoscere il latino, non è particolarmente esplicativo. Ma in questo caso Cicerone e Catullo non c’entrano: si tratta infatti di termini finanziari che indicano la possibilità di recuperare in modo rapido e veloce i propri crediti. Quindi, soprattutto se sei un imprenditore e hai dei crediti verso la Pubblica Amministrazione, potrebbero decisamente interessarti.
Etimologia e significato

Partiamo proprio dal significato letterale e analizziamone l’etimologia. Solvere in latino significava sciogliere o pagare. Il suo participio passato, “soluto”, significa dunque “pagato”, mentre il suo gerundio, “solvendo”, sta ad indicare qualcosa che “deve essere pagata”.

In ambito “cessione crediti”, la locuzione “pro soluto” indica quindi una situazione in cui il cedente non è più responsabile dell’effettivo pagamento del credito da parte del debitore, mentre “pro solvendo” indica il caso in cui il cedente continua ad essere responsabile del pagamento dei crediti fino al saldo definitivo.

Pro soluto e pro solvendo: come funziona

Facciamo un esempio pratico: l’imprenditore Rossi deve ricevere il pagamento di una o più fatture dalla Pubblica Amministrazione X, che si è impegnata a pagarle entro 60 giorni. Rossi però ha bisogno di quei soldi subito e decide rivolgersi alla società Y per vendergli il suo credito.

Questa cessione di credito può avvenire per l’appunto secondo due modalità:

  • Pro soluto: nel momento in la società Y acquista il credito da Rossi, l’imprenditore non deve più preoccuparsi del fatto che la Pubblica Amministrazione X paghi o meno, perché non ne è più responsabile. L’unica garanzia che Rossi dovrà fornire a Y è l’effettiva sussistenza del credito al momento della cessione;
  • Pro solvendo: Rossi continua ad essere responsabile del credito fino a quando la PA X non pagherà la società Y. Nel caso in cui la PA X non paghi, il contratto sarà nullo e Rossi dovrà restituire i soldi a Y. In questo caso Rossi, oltre a garantire la sussistenza del credito, deve garantirne anche l’effettivo pagamento.

Cosa dice la legge?

Dal punto di vista legislativo la cessione dei crediti è regolata dagli articoli 1260 e successivi del codice civile, che stabiliscono le modalità in cui deve avvenire la conclusione di un contratto tra il creditore originario, detto cedente, e colui che vuole acquistare i crediti, detto cessionario.

Perché il contratto sia valido è sufficiente lo scambio del consenso tra i due soggetti cedente e cessionario, mentre non è necessario il consenso del debitore. Tuttavia è previsto che il debitore sia messo a conoscenza della cessione del credito, per sapere a chi dovrà effettuare il pagamento.

Pro soluto e pro solvendo: utilità dello strumento

Gli strumenti di cessione crediti sono sempre più utilizzati (e lo saranno ancora di più nel prossimo futuro, come vedremo a breve) soprattutto dalle imprese che hanno fra i propri clienti le pubbliche amministrazioni. Le PA infatti, tendono ad avere tempi di pagamento piuttosto lunghi e spesso non compatibili con le esigenze di liquidità di una impresa medio-piccola.

Ciò avviene soprattutto in Italia, dove la media dei tempi di pagamento delle PA è di 104 giorni, contro i 40 giorni di quella europea, e il 37% dei crediti risulta persino scaduto. È importante però rilevare che questo dato non è totalmente rappresentativo in quanto calcolato sulla base delle informazioni comunicate dalle PA stesse.

Da un’analisi effettuata le PA meno virtuose in termini di puntualità nei pagamenti non partecipano a tali indagini, pertanto i giorni di pagamento effettivi andrebbero rivisti significativamente al rialzo, dato che pubbliche amministrazioni di dimensioni anche rilevanti possono presentare tempi di pagamento che superano ampiamente i 12 mesi.

Ecco che utilizzare la cessione dei crediti con le formule del pro soluto o del pro solvendo può essere una strategia vincente per un’azienda, che può così ottenere capitale e risorse da investire direttamente nelle attività produttive.

Per indicare l’ambito della gestione dei crediti, della loro anticipazione e riscossione da parte di aziende terze viene comunemente usato il termine inglese factoring.

Perché ne sentiremo parlare

L’industria del factoring è in costante crescita ormai da diversi anni, e l’Italia è ai primi posti in Europa e nel mondo.

Inoltre il 13 gennaio 2018 il parlamento italiano ha recepito, trasformandola in legge, la direttiva Ue sui servizi di pagamento per il mercato interno, meglio nota come PSD2. Fra le molte novità introdotte l’attenzione si è concentrata soprattutto sui nuovi operatori del settore dell’innovazione finanziaria, i cosiddetti Fintech.

Questi operatori, esterni al settore bancario, rivestiranno un ruolo sempre più importante anche nel campo del factoring e dell’intermediazione finanziaria, affiancandosi agli istituti di credito tradizionali nell’offerta di finanziamenti, cessione crediti o anticipo fatture. Questi servizi infatti si prestano bene ad essere integrati all’interno delle nuove piattaforme digitali. È probabile, di conseguenza, che la crescita del Fintech sorregga quella, altrettanto consistente, del factoring.

Ecco quindi spiegato perché anche i termini “pro soluto” e “pro solvendo” entreranno a breve nel vocabolario comune di chi mastica un po’ di finanza o ha a che fare con il mondo dell’imprenditoria. Senza più bisogno di scomodare le versioni di latino, con buona pace di Cicerone e Catullo.

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